Making Pizza da Grani e Braci
Making Pizza


Il suono della campanella sancisce il termine della prima ora e noi delle classi III del liceo delle Scienze Umane e dello Scientifico usciamo nell’aria frizzante del 30 ottobre. La nostra allegra carovana attraversa La Biblioteca degli Alberi (il nuovo parco milanese); passa sotto il Bosco verticale per poi attraversare corso Como sino a che giunge al ristorante e pizzeria Grani e Braci.

Lo scopo dell’uscita? Avere un primo approccio con l’arte dei pizzaioli e le proprietà di uno dei piatti più amati al mondo.

Vestiti con un grembiule (senza il quale probabilmente saremmo usciti dal ristorante con gli abiti tinti da ingredienti) e con un toque da cuoco, che invero ci ha resi molto fieri, ci siamo seduti lungo due tavolate per ascoltare la presentazione, organizzata dal direttore, circa le caratteristiche degli ingredienti e dei processi di preparazione del piatto.

Dopodiché arriva il momento della pratica. A piccoli gruppi veniamo chiamati e varchiamo la soglia leggendaria del banco di lavoro del pizzaiolo, il quale, davanti a noi, ci accoglie nel suo regno. Così iniziamo a prender l’impasto ed a stenderlo sul piano infarinato, ognuno sceglie ciò che più gli aggrada: classico, kamut (dai sapori d’antico Egitto dove, abbiamo appreso con stupore, forse nacque l’antenata della pizza stessa), partenopeo (per gioire del gusto più simile a quella Margherita che l’unesco ha preso sotto la propria ala) e ancora integrale o biologico. Poi l’aroma del pomodoro steso a spirale sulla pasta bianca ci inebria i sensi ed infine, trionfanti davanti alla nostra opera, impugniamo la pala, vi adagiamo la nostra pizza e la mandiamo a cuocere tra le fauci ardenti del forno. Infine, quando il tempo ultima il lavoro, la possiamo gustare. Ognuno la propria, costruita a partire dal gusto personale.

Non so se fu davvero buona o se fummo tutti influenzati dall’essere stati i creatori del piatto, tuttavia non si videro avanzi.

Andrea Alfonso

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